08 Apr GIURISPRUDENZA – CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO – AZIONE AVVERSO IL SILENZIO – ATTI ENDOPROCEDIMENTALI – CONFERENZA DEI SERVIZI
Il Consiglio di Stato, sez. IV, con la sentenza n. 2265 dell’8.4.2019, accogliendo la tesi difensiva dell’Amministrazione resistente, assista dal Prof. Avv. Paolo Carrozza, ha affermato che il ricorrente avrebbe avuto l’onere di impugnare con l’azione avverso il silenzio (e non con quella di annullamento) atti asseritamente elusivi dell’obbligo di concludere il procedimento di approvazione di uno strumento urbanistico generale:
“Sebbene l’ordinamento, a fronte di poteri ampiamente discrezionali, come quelli in materia di pianificazione urbanistica, non tuteli in modo diretto le aspettative dei singoli all’ottenimento di provvedimenti satisfattivi ampliativi della loro sfera giuridica, tuttavia attraverso l’art. 2 della legge n. 241 del 1990 garantisce un vero e proprio diritto alla conclusione del procedimento nei termini indicati dalla legge, tant’è che, in caso di violazione del termine a tal fine previsto, è consentito l’esperimento di un rimedio tipico, ora disciplinato dagli artt. 31 e 117 c.p.a. (all’epoca dei fatti art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971), rappresentato dall’azione avverso il silenzio. Nel tempo la giurisprudenza, al fine di rendere sempre più efficace e quindi effettiva la tutela avverso l’inerzia della pubblica amministrazione, ha precisato che tal rimedio è esperibile non solo in presenza di condotte omissive che si protraggano oltre i termini di legge, ma anche in presenza di atti infra procedimentali o soprassessori, per tali dovendosi intendere quelli che solo apparentemente configurano una spendita di potere ma che sostanzialmente eludono l’obbligo di provvedere mediante richieste istruttorie inutilmente defatigatorie o provvedimenti che eludono il contenuto dell’istanza del privato o sospendono l’iter procedimentale in casi non previsti dalla legge violando il dovere di provvedere normativamente imposto (cfr. Cons. Stato, V, 22 gennaio 2015, n. 273). In particolare è stato precisato che in ragione della sua natura meramente interlocutoria e della sua inidoneità a manifestare la volontà dell’Amministrazione, l’atto soprassessorio non è autonomamente impugnabile e non rende inammissibile l’azione avverso il silenzio (Cons. Stato, sez. V, 27 maggio 2014, n. 2742).
Nel caso di specie, in presenza di richieste istruttorie ritenute non congruenti rispetto alla fase del procedimento, o generiche o comunque elusive dell’obbligo di pronunciarsi sulla richiesta di variante, le odierne appellanti avevano l’onere di attivare il rimedio previsto dagli artt. 31 e 117 c.p.a. (all’epoca art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971) e cioè lo strumento tipico per porre rimedio all’inerzia della pubblica amministrazione rispetto all’obbligo di provvedere”.